Ripensiamoci

Mentre tutti sono ‘distratti” dall’argomento autonomia regionale, sta passando la “vera” riforma, che rivoluzionerà la rappresentanza nella vita democratica di tutti. Mi riferisco alla sbandierata riduzione del parlamentari, fatta passare come un risparmio di soldi e una riduzione di poltrone, niente di più falso, l’unica cosa che diminuirà sarà la rappresentanza, visto che la riduzione sarà del 36,5% ed i collegi elettorali aumenteranno come grandezza, lasciando solo a pochissimi la possibilità di fare la campagna elettorale. E nello stesso tempo, i partiti di ‘fatto’ sceglieranno chi fare eleggere, soprattutto nella parte proporzionale con i listini corti. La costituzione per garantire la rappresentanza poneva che ogni regione non poteva non avere meno di 7 senatori (tranne la Valle d’Aosta uno ed il Molise due), con la nuova legge si ridurrebbero a 3, meno della metà. Bisogna stare attenti perché manca ancora l’ultimo passaggio alla Camera dei deputati, affinché la riforma passi, sostenuta dall’opinione pubblica. Le disposizioni per assicurare l’applicabilità delle leggi elettorali, indipendentemente dal numero dei parlamentari, sono già state pubblicate nella Gazzetta ufficiale n° 135, anno 160 dell’undici giugno 2019. La Calabria passerebbe da 20 deputati a 13 e da 10 senatori a 7, considerando che ci sono 5 provincie e 404 comuni, si nota subito che la rappresentanza soprattutto per le aree Interne diventa un’utopia. La Basilicata passerebbe da 6 deputati a 4 e da 7 senatori a 3. Ho fatto questi due esempi per dimostrare quello che di fatto si creerebbe, le regioni del nord Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Piemonte nell’insieme molto rappresentate, il centro con Toscana, Lazio, Umbria, Abruzzo, Molise molto considerato, le regioni a statuto speciale Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige, Sicilia, Sardegna, molto tutelate, la Campania e la Puglia molto popolose, quindi da considerare.

Cosa rimane? Basilicata e Calabria. Riflettiamo bene su quello che si sta facendo, la partecipazione alla vita politica di un Paese non può essere una questione economica. Già adesso, senza le preferenze, i cittadini scelgono ben poco, sono i partiti che scelgono la maggior parte di chi deve essere eletto, candidando questo o quello, In collegi più sicuri di altri, sempre con il paracadute del listino pronto. Ecco in questo contesto l’indicazione del presidente Conte, sicuramente legittima perché ha ricevuto la fiducia del Parlamento, pone una domanda, da quante persone dei partiti di governo è stata decisa? Finora i presidenti del consiglio non eletti sono stati Ciampi (governatore Banca d’Italia), Dini (direttore Banca d’Italia), Amato (già capo di governo in precedenza), Monti (nominato senatore a vita), Renzi (primarie PD), ognuno faccia le proprie libere riflessioni.

Bisogna aggiungere che nell’ultima votazione alla Camera anche il PD ha votato a favore, creando di fatto una situazione paradossale. Tranne 14 parlamentari, Lega, 5stelle, Forza Italia, Fratelli d’Italia hanno continuato nel percorso intrapreso nell’ultima votazione e, grazie al cambio di maggioranza, anche il PD si è detto favorevole nono-stante nelle precedenti votazioni fosse stato contrario. Questo crea molteplici difficoltà per lo svolgimento del referendum confermativo, se a tutto ciò si aggiunge la discussione sul vincolo di mandato veramente si vuole che pochissime persone decidano per tutti.

Un’ultima riflessione economica, la democrazia costa e senza finanziamenti pubblici i soldi li danno i privati o le grandi imprese con ulteriore riduzione di rappresentanza sia in termini territoriali sia di categorie o fasce sociali.

Ripensiamoci!

Enzo Capolupo

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