Il 3 settembre 1946 in Assemblea Costituente Costantino Mortati definì il referendum quale mezzo di “attiva partecipazione politica” e con “funzione equilibratrice”, perché idoneo a promuovere l’interesse politico dei cittadini e il loro ruolo proattivo nell’assunzione di scelte cruciali per la comunità.Il 12 giugno 2022 gli italiani saranno chiamati al voto su un tema cardine della vita collettiva: la giustizia. Da anni emerge dalla società civile l’esigenza di radicali riforme che garantiscano trasparenza ed equità nell’amministrazione della macchina giudiziaria, sempre più autoreferenziale agli occhi dei consociati. I rappresentanti politici, i membri della magistratura, avvocati, giornalisti e tutti coloro che partecipano al dibattito pubblico, hanno il dovere morale di prendere posizione sui quesiti referendari. A prescindere dall’esito delle votazioni, la mancata partecipazione popolare rappresenterebbe una sconfitta per la salute della nostra democrazia. La rassegnazione di fronte all’immobilismo del Parlamento prevarrebbe sulle speranze di cambiamento, che è linfa vitale per il futuro del Paese.L’augurio è che i partiti, formazioni intermedie tra Istituzioni e cittadini secondo il volere dei Padri costituenti, assumano la responsabilità di dire ciò in cui credono, la visione del rapporto stato-individuo che li guida, l’idea di giustizia a cui tendono. Il tentativo di far naufragare l’occasione referendaria per meri calcoli politici costituirebbe il tradimento dei valori costituzionali, l’abdicazione delle forze politiche al ruolo cruciale che la Costituzione attribuisce loro. Tutti si esprimano sul merito del referendum, per la democrazia e per la dignità dei cittadini chiamati al voto!Il manifesto che leggete non ha alcuna terzietà di facciata, perché crede convintamente nel SÌ ai cinque quesiti referendari. È giunto il momento di dare un forte segnale a coloro che ci rappresentano. Gli italiani desiderano riforme che ripristino la legittimazione dell’ordine giudiziario, lesa da una minoranza che inquina il quotidiano e duro lavoro dei magistrati che non finiscono sulle prime pagine dei giornali. È questo ciò a cui il referendum mira.
- Il primo quesito chiede all’elettore se sia favorevole a coinvolgere nella valutazione dei magistrati anche avvocati e professori in materie giuridiche. Il CSM esercita il potere valutativo sulla base del parere fornito dai consigli giudiziari, a cui però non può partecipare la componente laica. Coinvolgerla significherebbe superare l’odiosa autoreferenzialità che conduce oggi al 99% di valutazioni positive. Un ordine giudiziario efficiente deve essere aperto al confronto con coloro che vivono quotidianamente nelle aule dei tribunali.
- Il sistema correntizio sta logorando la magistratura, facendo prevalere collusione e trame di potere a merito e capacità. Insomma, le correnti hanno dato vita ad una nuova e potentissima “casta”. Votando SÌ all’abrogazione dell’obbligo di raccolta firme per la candidatura a membri del CSM, ciascun magistrato in servizio potrebbe finalmente concorrere ad armi pari. Le qualità professionali e personali del candidato tornerebbero ad essere il reale oggetto di giudizio degli elettori.
- Il terzo quesito verte sulla separazione delle funzioni tra magistratura giudicante e requirente. Si tratta di una condizione imprescindibile per la tutela del diritto di difesa del cittadino, inviolabile secondo il dettato dell’art. 24 della Costituzione. La commistione dei ruoli demolisce il principio di terzietà e imparzialità del giudice, rendendo il contraddittorio una regola meramente formale. Votare SÌ vorrebbe dire attribuire alla giurisdizione la centralità che merita.
- Il SÌ al quarto quesito referendario è per esprimere la libertà del voto dei cittadini. La legge Severino, prevedendo l’automaticità di sospensione, incandidabilità e ineleggibilità di politici condannati, ha limitato la libera scelta dell’elettore. Il combinato disposto con l’abuso d’ufficio ha paralizzato la pubblica amministrazione, danneggiando ancora una volta il cittadino, e la sospensione anche in caso di condanna non definitiva, spesso ribaltata in appello, lede la presunzione di innocenza. Peraltro, nella sua genesi l’applicazione retroattiva di effetti così pregiudizievoli per il destinatario è stata il frutto di una legge ad personam, piuttosto che di una prudente decisione. Siano i giudici a valutare se sia opportuna l’interdizione dai pubblici uffici.
- L’ultimo quesito domanda al cittadino se sia favorevole all’abrogazione di una delle tre esigenze cautelari: il pericolo di reiterazione del reato. Da anni assistiamo ad un abuso indiscriminato della custodia cautelare, che da eccezione è divenuta regola. È giunto il momento di invertire la rotta. Il pericolo di reiterazione del reato, che dovrebbe essere eccezione dell’eccezione, collide con la presunzione di innocenza, perché applica all’indagato la sanzione tipica della pena definitiva.
Votiamo SÌ per tornare alla Costituzione.Vi è consapevolezza delle difficoltà relative al raggiungimento del quorum. Le tragiche notizie che giungono dall’Ucraina portano le nostri menti e i nostri cuori lì, dove in pericolo è la vita umana di un popolo aggredito. Tuttavia, un referendum così rilevante sulla riforma della giustizia, di cui da anni si discute, non può passare inosservato. Siamo tutti chiamati ad una assunzione di responsabilità, per il rispetto della nostra dignità di cittadini.Qualora non si recasse al voto la maggioranza degli aventi diritto, comunque le forze politiche sarebbero tenute ad importanti valutazioni sull’esito referendario. Al di là del raggiungimento del quorum, una maggioranza significativa di SÌ, con la quale effettivamente ci rapporteremo, non farebbe altro che confermare le richieste di cambiamento provenienti dalla società. Il malfunzionamento della giustizia è uno dei mali atavici di questo Paese e l’autoreferenzialità dell’ordine giudizio un elemento intollerabile in una democrazia liberale. Non sarà il mancato raggiungimento del quorum a fermare la spinta verso il futuro. Quando in gioco vi è una battaglia di civiltà l’imperativo categorico è scendere in campo. Come diceva Montesquieu, “dalla bontà delle leggi penali dipende principalmente la libertà del cittadino”.Chiediamo ai partiti politici di inserire nei loro programmi elettorali per il 2023 le riforme previste dal referendum, e su questo li valuteremo. Il Parlamento, cuore della democrazia rappresentativa, non può rimanere inerte dinnanzi all’impellenza del cambiamento. Eserciti le funzioni che gli competono, da rappresentante degli italiani sia la guida del processo riformatore che non può più attendere. Il rispetto del diritto di difesa, la centralità della giurisdizione e la trasparenza del CSM sono obiettivi non rinviabili.I quesiti referendari hanno il merito di focalizzare l’attenzione su temi cruciali e, se approvati, produrrebbero effetti significativi per la comunità. Tuttavia, siamo ben consapevoli dell’intrinseca limitatezza dell’istituto del referendum abrogativo, vocato per natura alla modifica di specifici istituti. La reale separazione delle carriere in magistratura può aversi solo attraverso una riforma costituzionale, così come il ripristino della meritocrazia all’interno del CSM. Insomma, la grave crisi della giustizia merita una revisione di ampio respiro della legge fondamentale e non limitata a singole norme.Per superare tali difficoltà è necessaria una nuova fase costituente, che si traduca in una Assemblea, eletta dai cittadini contestualmente al prossimo Parlamento, col potere di riformare la Parte II della Costituzione. A tal fine la Fondazione Luigi Einaudi, attraverso un disegno di legge costituzionale, ha individuato le regole del gioco, il minimo comune denominatore su cui vi può e vi deve essere la massima convergenza. Saranno successivamente i partiti a confrontarsi secondo i propri orientamenti politici. Si tratta di uno strumento agile che garantisce una prospettiva organica e sistemica: una Assemblea di 100 membri eletti direttamente dal corpo elettorale con a disposizione un anno di tempo. L’apice della cultura italiana, espressione della volontà popolare, potrà rimodulare l’architettura costituzionale così da renderla armonica con i tempi in cui viviamo. I partiti aderiscano a questa proposta, di metodo e non di merito, che rappresenterebbe una svolta storica per la vita della Repubblica.